mercoledì 9 luglio 2008

Appello ComunistiUniti di Siena

Questo è l'appello che stiamo presentando nei congressi provinciali dei partiti comunisti. Sabato 5 luglio siamo stati a Buonconvento, per il congresso provinciale del PdCI.

"Anche a Siena, come in altre parti d'Italia, si è costituito il coordinamento dei Comunisti Uniti. Infatti, numerose personalità della cultura, della scienza e del mondo del lavoro si sono fatte promotrici di un appello, ormai sottoscritto da più di 15000 italiani, per promuovere la riunificazione dei comunisti nel nostro Paese. Di questi 15000 sottoscrittori molti non sono iscritti a nessun partito.
La sconfitta alle ultime elezioni ha visto per la prima volta la scomparsa dei comunisti dal Parlamento repubblicano. Riteniamo che questa sconfitta sia dovuta principalmente a due fattori. Il primo: i partiti della sinistra, nei due anni di governo Prodi, sono stati del tutto inefficaci ed hanno tradito la fiducia e le aspettative di coloro che li avevano votati. Il secondo: l'impostazione che negli ultimi tempi, e nell'ultimo governo, hanno assunto le politiche verticistiche dei vari partiti, nelle quali obiettivi e modalità di aggregazione venivano, e vengono tuttora, prese dall'alto, senza tener conto della base. Inoltre l'esperienza de "La Sinistra, l'Arcobaleno" è risultata fallimentare e non più ripetibile. Perciò ora vorremmo che questa impostazione fosse completamente ribaltata.
D'altra parte, il fatto che molti dei firmatari dell'appello dei Comunisti Uniti non siano iscritti ad alcun partito indica anzitutto che esiste prima il bisogno e poi la possibilità di ricostruire una forza comunista unica, e la necessità di aprire un dibattito a partire dal basso. Un dibattito che sappia cogliere i bisogni materiali, sociali e di rappresentanza di noi uomini e donne di questo tempo. Siamo pertanto certi che il comunismo e la sua utopia non siano giunti alla loro fine ma abbiano ancora molto da dire e da fare oggi giorno.
Nel momento in cui da teoria pura diventano pratica, materialità, le ideologie necessitano di attualizzazioni in base all'epoca storica nella quale vivono. La nostra è un'epoca, seppur non siano passati così tanti anni, profondamente diversa da quella in cui nascevano movimenti capaci di trasformare la società e conquistare nuovi diritti per le classi sociali più deboli. Le condizioni lavorative, oggi, sono radicalmente mutate e conseguentemente anche i bisogni dei lavoratori. Essi però non trovano figure che possano dar loro risposte nell'attuale politica, o al peggio trovano politici che, facendo leva sui sentimenti più bassi, sul viscido populismo, tendono ad alimentare paura, incertezza e xenofobia.
Quando parliamo di nuovi problemi ci riferiamo alle nuove tipologie di contratti, che tendono a livellare verso il basso le condizioni di tutti i lavoratori; alle nuove leggi in materia di straordinari e, quindi, di sicurezza sul lavoro; ai nuovi sistemi produttivi, come la delocalizzazione; o ancora alle problematiche relative ai migranti e alla loro regolarizzazione. E questo è solo un piccolo elenco.
A ciò si aggiunga quella che potremmo definire una nuova fascistizzazione dell'Italia. Una fascistizzazione inconsapevole e subdola, fatta di giri di parole, retta dall'apatia di molti e dallo sconforto di altri nonchè dal senso di impotenza della nostra società. Come chiamare altrimenti gli atteggiamenti di politici -e del popolo- nei confronti di atti anticostituzionali e diremmo anche antimorali, come i continui attacchi alla magistratura, alla legalità e alla stampa, garante della nostra libertà di informazione; oppure l'intenzione di smembrare il sistema scolastico pubblico, lasciando la gran parte della popolazione nell'ignoranza; o quella di diminuire la spesa sanitaria, portando in tal modo il nostro Paese verso logiche completamente privatistiche, disegualitarie e plutocratiche?
Per tutti questi motivi riteniamo che ci sia davvero bisogno di una sinistra comunista, e non di una sinistra indistinta e liquida, senza colore.
Per tutti questi motivi abbiamo deciso di costituirci in coordinamenti sparsi in tutta Italia, e presentarci trasversalmente nei congressi dei partiti comunisti.
Per tutti questi motivi vi chiediamo di UNIRCI E RICOMINCIARE!

1 commento:

Unknown ha detto...

COMUNISTI UNITI: DOPO LA MANIFESTAZIONE DELL'11 OTTOBRE

Carissime compagne e carissimi compagni,

la manifestazione dell'11 ottobre, indubbiamente, è riuscita in termini di partecipazione ben oltre le aspettative degli stessi organizzatori.
Le voci della piazza sono state multiformi e le proposte politiche per uscire dall'attuale "pantano" del movimento comunista sono risultate evidentemente differenti. E' stata una manifestazione per dare coraggio a militanti illusi e disillusi e una prima risposta sulla persistenza di un'opzione comunista nel nostro paese e delle sue enormi potenzialità per ridiventare l'anima dell'opposizione al capitalismo.

Per capire come valorizzare una mobilitazione come quella di ieri però occorre individuarne i limiti oltre alle potenzialità.

Da un punto di vista politico generale, bisogna sottolineare che mancavano quasi totalmente le anime dei "veri" movimenti di lotta del paese di questi ultimi anni. Anche dal palco questo limite si è riflesso, ad eccezione degli interventi di Nicoletta Dosio del movimento NO TAV e di Ciro Argentino della ThyssenKrupp di Torino. Anche questo è frutto degli errori del passato e non è sufficiente una manifestazione per recuperarli, ma occorre ripartire dal conflitto di classe. Ma questo non è stato l'unico limite della manifestazione di ieri.

Ad esempio ancora non emerge con sufficiente chiarezza che tale crisi del movimento comunista non è dovuta al tracollo elettorale di aprile (e della conseguente collocazione ex-parlamentare dela cosiddetta "sinistra radicale"), ma al contrario quest'ultimo è conseguenza del fallimento delle strategie politiche governiste perseguite per oltre un decennio sia da PdCI che da PRC.

Certo va registrato chiaramente che nel sentimento comune della stragrande maggioranza dell'11 ottobre è stata completamente affossata l'ipotesi di una nuova "flebo di arcobaleno" per resuscitare improbabili e improponibili generiche "unità delle sinistre" e alleanze rinnovate (o ricercate su "altre basi") col PD. Questo, infatti, non è proprio quello che il variegato "popolo comunista" ha chiesto ieri.

Altre invece sono le ipotesi che hanno avuto un forte spazio e che hanno cercato di dialogare con i due temi che ieri sono stati largamente maggioritari nel sentimento diffuso della piazza: una forte richiesta di unità ed una ripresa della presenza dei comunisti nel conflitto sociale e non solo nei salotti televisivi.

Tali ipotesi politiche, che hanno marciato visibilmente ieri, vanno tuttavia dalla mera unità elettorale PRC-PdCI, passando per la rifusione "a freddo" dei due partiti per tornare alle "origini" della Rifondazione per arrivare fino ad un nuovo "coordinamento delle sinistre" con il mantenimento delle differenti identità. Tali ipotesi non ci sembrano sufficienti ad affrontare la difficile fas politica e sono ancora troppo ambigue sul ruolo del PD. E, conseguentemente, sono ambigue anche su quali alleanze puntare per rilanciare un'opposizione anticapitalista e antimperialista nel nostro paese, oggi contro il governo reazionario della PdL e domani magari contro il social-liberismo del PD. Sintomo di questo anche la mancanza colpevole di un richiamo forte (anche dal palco) allo sciopero generale del sindacalismo di base del 17 ottobre prossimo. Cosa invece che abbiamo inteso invece fare come Comunisti Uniti.

Bisogna sottolineare, infatti, che all'interno di questa piccola e multiforme marea rossa, che ieri ha manifestato a Roma, se è stata presente l'ipotesi di ripresa di un'unità vincolata alla riconquista dell'autonomia dei comunisti questo lo si deve - anche e soprattutto - allo spezzone dei "Comunisti Uniti per la Costituente Comunista" (in allegato la foto alla partenza), ben visibile, caratterizzato dai fazzoletti rossi e che ha dialogato col resto della piazza che "sentimentalmente" non vi era distante seppure, evidentemente, lo era dalle idee di gran parte del gruppo dirigente di PRC e PdCI (basti leggere le loro dichiarazioni di presa di distanza da qualsiasi ipotesi di "costituente comunista").

Centinaia di compagni e compagne che hanno promosso, firmato o solo sostenuto l'appello Comunisti Uniti hanno marciato insieme da Lazio, Lombardia, Liguria, Sicilia, Campania, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli, Basilicata e Puglia. Lo spezzone è stato vivace e, per forza di cose, molto variegato. Moltissimi gli studenti, tanti i lavoratori e le lavoratrici (soprattutto delegati RSU), militanti dei collettivi antagonisti, associazioni e comitati per la costituente comunista, membri del PdCI (con la presenza di Marco Rizzo e di compagni delle federazioni di diverse regioni) e del PRC (soprattutto dalle federazioni di Milano, Parma e Roma).

A parte i due striscioni preparati dai gruppi del Lazio e della Lombardia vi erano molte bandiere, cartelli, slogan e parole d'ordine che richiamavano tanto le questioni nazionali (la mobilitazione anti-gelmini, la sicurezza sul lavoro e soprattutto lo sciopero del sindacalismo di base del 17 ottobre) che quelle internazionali (ritiro delle truppe da tutti i teatri di guerra, Libano compreso, appoggio alle resistenze antimperialiste). Fortissimo anche il richiamo alla storia del movimento comunista e il rifiuto di gettarla nella spazzatura come "indicibile", gridando a gran voce la necessità di riprenderla e attualizzarla per rilanciare la lotta di classe e una prospettiva di liberazione definitiva del moderno proletariato dallo sfruttamento capitalista.

Certo il limite evidente è che tutto questo è stato frutto di una certa dose di improvvisazione e della buona volontà di chi si è ostinato a mantenere aperta la proposta di partire dall'appello "Comunisti Uniti" per la costruzione di una casa comune per tutti i comunisti "ovunque collocati", verso una Costituente Comunista fuori dai settarismi e fuori da ogni vizio di strumentalizzazione politicista.

Questa improvvisazione fa sì che ancora ci si esprima in maniera non sufficientemente efficace ed omogenea, il messaggio poteva essere ancora più chiaro e i pericoli di affossamento del progetto non sono battuti.

Ma proprio da questa riuscita iniziativa occorre ripartire per rilanciare, dal basso e in tutte le regioni, i coordinamenti "Comunisti Uniti" per trasformarli in un reale movimento nazionale per la Costituente Comunista. Tutti insieme vogliamo riprendere una strada che riporti nella storia del nostro paese un vero Partito Comunista con basi anticapitaliste ed antimperialiste.

Ma non basta proclamare questa volontà per raggiungere l'obiettivo, occorre intanto muovere i primi passi e accorciare la forbice "tra quello che si proclame e quello che si fa".

Per questo nel nostro pecedente comunicato affermavamo che è, secondo noi, una necessità storica e prioritaria quella di costruire da subito una "casa comune dei comunisti", ovunque collocati, in cui questi si ritrovino a discutere ed organizzarsi per mobilitarsi in strutture unitarie. Proponiamo, in questa prima fase, che il percorso che tutti insieme dovremo avviare preveda una "doppia appartenenza" e non lo scioglimento di questo quell'altro partito o gruppo organizzato.

Solo così saremo utili a questa battaglia che ci accomuna indipendemente dalla attuale collocazione politico-organizzativa di ciascuno.

A questo punto, proponiamo a tutte le compagne ed i compagni che hanno aderito, sostenuto o promosso questo tipo di progetto di metterci reciprocamente in contatto e fissare una riunione nazionale e verificare le strade per continuare insieme e in maniera più organizzata questo percorso.

Come "Comunisti Uniti Lazio" ci mettiamo a disposizione e attendiamo vostre proposte, critiche e contatti per stabilire insieme i prossimi passaggi.

Sotto vi alleghiamo anche l'intervento dal palco della manifestazione del compagno Ciro Argentino della ThyssenKrupp che ha marciato al nostro fianco durante il corteo.

Saluti comunisti
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Comunisti Uniti Lazio
www.comunistiuniti.it
comunistiunitilazio@gmail.com
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LAVORATRICI e LAVORATORI,
COMPAGNE e COMPAGNI,

Oggi siamo qui non per pura testimonianza o solo per manifestare contro le scelte nefaste e le politiche impopolari già varate dal peggior governo del dopoguerra, un governo reazionario e pericoloso per la democrazia che sta mettendo in discussione la Costituzione e i diritti dei cittadini e in particolar modo dei lavoratori che perdono sempre più i diritti acquisiti nei decenni precedenti e oggi sono sempre più sfruttati e precari nella loro condizione lavorativa e sociale.

E'ora che anche a partire da noi - lavoratori, delegati Rsu ed Rls - senza attendere i dettami e l'immobilismo degli apparati del sindacato confederale, insieme ai partiti della sinistra vera che oggi non è più in parlamento per gravi errori e per la sua mancanza d'identità classista, donne e uomini di sinistra si dica con forza e si prenda una posizione chiara con fermezza, senza gli opportunismi e le convergenze filo-governative del recente passato sia dei partiti sia dei sindacati, che il mondo del lavoro salariato vuole essere rappresentato da chi realmente farà i suoi interessi e vuole essere un nuovo blocco sociale per ricostruire un fronte d'opposizione politica e sociale nel paese contro il consociativismo dei partiti dei padroni siano essi reazionari o democratici.

Il mondo del lavoro dipendente, salariato attraversa già da almeno un ventennio una fase talmente grave e pericolosa di arretramento dei diritti e di salari che si può solo paragonare ad una GUERRA, una guerra sociale sferrata dalle classi padronale internazionale e nazionale che ha come effetti drammatici l'impoverimento dei lavoratori dipendenti e dei pensionati in tutti i settori dal pubblico impiego al privato, dagli uffici alle fabbriche, dal lavoro operaio ai precari dei call center.

Una guerra scatenata unilateralmente dai padroni in questo paese, Confindustria in prima fila che vuole cancellare diritti e tutele, abbattere il CCNL, aumentare l'orario, legare l'aumento dei salari solo al fattore produttività, insomma svuotare o meglio ancora annullare il ruolo del sindacato relegandolo come in Germania tanto per fare esempi concreti e vicini al nostro modello economico e produttivo a un ruolo di facciata e subalterno, tipo gli enti bilaterali e il sindacato unico su modello Cisl-Uil.

Una guerra quella in corso che ci deve porre davanti ad un bivio, alla scelta di subire passivamente lo stato delle cose, o invece come credo quasi tutti noi in questa piazza pensiamo, e anzi sono convinto che siamo qui per non solo resistere e testimoniare ma invece per reagire con forza con i mezzi della lotta politica e sindacale che per adesso almeno fino a oggi ci sono consentiti dalla Costituzione e dalle leggi.

Reagire e lottare per cercare di invertire lo stato delle cose, i rapporti di forza nella società, cambiare finalmente rotta che oggi ci vede alla deriva dopo una serie ininterrotta di sconfitte che si susseguono e ci perseguitano dalla più pesante e storica del 1980 a Torino contro la Fiat che ha avuto valenza e ripercussioni per tutta classe operaia e lavoratrice in Italia, alla grande truffa degli accordi del luglio '93 con la concertazione, preceduta dalla cancellazione della scala mobile sino alla sciagurata e vergognosa Legge 30 che crea la precarietà non solo lavorativa e contrattuale ma peggio ancora sociale, che porta alla morte non solo sociale nella strage continua delle morti sul lavoro.

Una guerra che ha come ultimo effetto sui lavoratori le morti sul lavoro, l'anello più odioso e barbaro, della catena del potere dello sfruttamento del sistema capitalistico che si esprime con l'attuale sistema neo-liberista che per produrre sempre di più a costi sempre più bassi e per competere sui mercati e mantenersi vitale deve sfruttare fino anche a creare le condizioni dirette o indirette facendo morire o uccidendo lavoratori, per assetarsi come sanguisuga con il sangue di uomini e donne trattatti come merce in ogni dove nel mondo, qui nel nostro paese come in altri paesi a sistema capitalistico in Occidente o in Oriente anche nei paesi, in via di sviluppo ancor di più oggi egemoni sui mercati come India e Cina.

Basta con le morti sul lavoro non può essere solo più uno slogan gridato o un esercizio puramente dialettico, ginnastica da convegni che oggi oramai non vanno più da nessuna parte, bisogna passare all'azione, ai fatti non delegando a nessuno la propria salute nei luoghi di lavoro nemmeno là dove c'è il sindacato piuttosto appoggiare i delegati e le Rls, il sindacato veramente schierato dalla nostra parte.

Riformare le leggi che trattano la salute e la sicurezza nel mondo del lavoro seppur è stato in parte un atto meritorio non basta seppoi succede così come aveva fatto il governo precedente di aver fatto un testo unico sulla sicurezza con la contraddizione di annacquare la stessa legge su richiesta confindustriale prima della caduta del governo e ciò è comunque solo parte del problema e delle sue possibili soluzioni.

Bisogna cambiare l'attuale sistema di rappresentanza sindacale, ci vuole una legge sulla rappresentanza , riformare il sistema di eleggibilità delle Rls che devono essere eletti direttamente dai lavoratori e non nominati dalle OOSS, avere più ore di permessi per quest'ultimi, ritornare ai delegati di reparto o di area contro la dispersione e la mancanza di potere e controllo effettivo delle Rsu.

Io sono di Torino, lavoravo alla ThyssenKrupp, operaio ed RSU nel reparto maledetto delle linee dove appunto c'era la famigerata L5 che, nella notte del 6 dicembre scorso, si è portata via la vita di sette compagni di lavoro, di sette uomini.

Oggi dopo 11 mesi di lotta per avere giustizia per i compagni uccisi dalla nostra azienda finalmente è iniziato il processo che ci vede costituiti parte civile, un centinaio di operai - e fatto storico e rivoluzionario - al tempo stesso siamo stati riconosciuti circa cinquanta dal giudice parte in causa nel processo.

Oggi purtroppo grazie alla nostra tragica vicenda, forse per la prima volta in questo paese dopo più di vent'anni si è riscoperto che esiste ancora la classe operaia, siamo diminuiti siamo solo circa 7 milioni ma non siamo spariti come parte di questo paese ha cercato di far credere, la classe dirigente politica filo-padronale, la ex sinistra riformista, il mondo dell'informazione televisiva e della carta stampata anche di sinistra, lo stesso padronato che ci sfrutta e allo stesso tempo ci nega l'esistenza negandoci i diritti di cittadinanza e di lavoratori con la partecipazione dei governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni

L'unica vera emergenza sicurezza in questo paese è la sicurezza e la salvaguardia della salute dei lavoratori, le chiacchere stanno a zero. La sinistra politica e sindacale, la Cgil ma anche il sindacalismo di base devono alzare il tiro e fare un salto di quantità e qualità nella guerra proclamata dal padronato tutti devono avere questo tema come prioritario e fondante per l'agire politico, cercare di frenare lo stillicidio da bollettino di guerra che vede morire nel nostro paese 3-4 lavoratori al giorno, in particolare i partiti comunisti, insieme e uniti, prepararsi per una lunga stagione di lotte che probabilmente durerà anni di conflitto sociale sapendo che solo con le grandi stagioni di lotte sociali si sono ottenuti i diritti nei decenni precedenti e di cui in parte gioviamo ancora oggi.

Una tappa di tutto ciò potrà essere il 6 dicembre anniversario della strage alla ThyssenKrupp con una giornata di ricordo e commemorazione ma anche di rivendicazione con un corteo che stiamo organizzando e che ci auguriamo abbia una grande partecipazione di massa per non solo ricordare ma rivendicare che siamo prima di tutto uomini e poi operai e perché la gente reale non muore mai.

Ciro Argentino, RSU ThyssenKrupp (Torino)